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L’Italia è la nazione più pericolosa per i ciclisti. Il nostro Paese è quello con la mortalità più alta per chilometro pedalato. Questo è un primato di cui mi vergogno e che mi fa paura. Ogni 35 ore in strada muore una persona in sella alla sua bicicletta. Anche a chi delle due ruote non interessa nulla deve sapere che la violenza stradale in Italia è la prima causa di morte per i ragazzi sotto i 30 anni. Dobbiamo fermare questa strage.

Grazie al Comitato Regionale Lombardo della FCI il 12 e 13 marzo sono andata a sensibilizzare i deputati italiani al Parlamento Europeo, a nome dell’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani. Sarà che è già iniziata la campagna elettorale, ma tutti gli eurodeputati, indipendentemente dal colore e partito di appartenenza, hanno concordato che questo è un problema che va affrontato con la massima urgenza. Spero davvero che alle parole corrisponderanno presto dei fatti.

Chi pedala lo sa, andare in strada ormai è come andare in guerra. Vi racconto questo episodio, capitato di recente mentre mi stavo allenando con alcuni amici in Brianza. Un automobilista ci ha urlato dal finestrino “ciclisti di merda”. Una volta gli avrei urlato un bel vaffa***** e me ne sarei andata via, questa volta invece mi sono fermata e ho cercato di farlo ragionare. Sono una persona. Potrei essere tua figlia, moglie, sorella. Ho il diritto di stare in strada quanto te e di tornare a casa da chi mi vuole bene tutta intera. Non di beccarmi i tuoi insulti, la tua rabbia, la tua violenza. Ha proprio ragione Marco Scarponi, il fratello di Michele: In strada non vinciamo se arriviamo primi, ma se arriviamo tutti. Ricordiamocelo quando siamo in bici e soprattutto quando siamo al volante.

Se non lo avete ancora fatto, vi invito a firmare la petizione #SiamoSullaStessaStrada che ACCPI, Fondazione Michele Scarponi e Marina Romoli Onlus stanno portando avanti: www.change.org/SiamoSullaStessaStrada.

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